Avvertenze

Non sono alla ricerca di rendere visibile questo spazio. Non m'interessa e scrivo quindi di conseguenza.
Lo sai da subito.
Viaggio moltissimo e qui appunto, quando ho voglia, quello che mi fa riflettere e mi tiene occupato oltre al lavoro durante i tanti spostamenti: libri, musica, cibo, posti da vedere, fantasie e riflessioni in generale. Sono queste, per ora, le aree principali dei post.


domenica 25 marzo 2012

Un nome, un destino!


Sarà la primavera, sarà la giornata dedicata al dolce far niente in attesa di un pomeriggio di lavoro, sarà quel che sarà, ma mi è saltata all'occhio una cosa: nel nome FRANCESCO SCHETTINO c'è l'anagramma SECCHE SCONFORTANTI.

Vabbe, al Giglio erano scogli, ma mi rallegro di non avere naufragi nel nome.

M.

Immagine dal web

lunedì 27 febbraio 2012

I Kyoto: storia di una pedalata tecnologica!

Obiettivo ambizioso: assorbire il più possibile di questa città meravigliosa; senza sosta, senza spendere anche oggi una fortuna in taxi e rientrando in orario.

Già, non posso perdere il treno per Tokyo: shinkansen delle 17.42.

La soluzione mi viene in mente vedendo la pubblicità di un viaggio ad Amsterdam: affitterò una bicicletta!

Kyoto è relativamente semplice: tutte vie perpendicolari. Certo, la lingua non aiuta, ma credo si possa fare.
Per essere più tranquillo mi aiuterò con l'ipad.

Scarico la cartina e noleggio un hot spot per essere sempre on line: avrò in tempo reale sia le indicazioni su cosa ci sia da vedere lungo il mio tragitto, sia e soprattutto la visuale immediata del mio percorso.

Si può fare!

Superato l'ostacolo linguistico, Tikamono san, il congierce dell'albergo, si da da fare.
Per quanto deluso dal mio rifiuto di accettare il giro in risciò, una macchina o uno scooter a noleggio, oppure un autista certificato anche come guida turistica: mi trova una bicicletta.

Una bella mountain bike.

É molto soddisfatto dell'impresa, lo vedo nei suoi occhi fieri: brillano.
Ma non per molto. Capisce infatti, che ho qualcos'altro da chiedere.
Ha ragione. A me non serve una modaiola mountain bike: la bici per me deve avere il cestino.

Andiamo avanti quei buoni dieci minuti e finalmente siamo certi di esserci capiti: mi disegna la bici, il cestino e ci mette dentro l'ipad.

Ha capito: ho bisogno di guardare la cartina elettronica, perchè a parte le vie principali, le altre sono indicate ovunque in giapponese e tempo dieci minuti sarei perso.

Anche se un po' dubbioso mi conferma il tutto.

Vado a dormire soddisfatto.

L'indomani inizia nel migliore dei modi: non piove, ottima colazione e soprattutto nel parcheggio dell'albergo mi aspetta una bellissima bici con cestino.
D'accordo, fa molto nonna papera, ma in fin dei conti: che me ne faccio di una mountain bike?
A me serve il cestino per metterci dentro l'ipad!

Sembrerò anche un'arzilla vecchietta mentre va a fare la spesa, ma ho un sistema di navigazione satellitare che non ha nulla da invidiare ad una Bentley.

"Te pare" poco? A me no. A Kyoto "me pare" fondamentale.

Così, mi avvio contentissimo verso Fushimi Inari Shrine, la serie di porte rosse diventate ancora più famose con il romanzo e film "memorie di una geisha". Sei chilometri verso sud.

Sono di ottimo umore. La mia dotazione tecnologica funziona al meglio e la città é meravigliosa.
Che bell'idea ho avuto, un cestino portapane e via: ho un sistema di navigazione efficiente.
Pedalo soddisfatto, non mi sfugge nessuna attrazione, anche le minori sono segnalate in tempo.

Fantastica la cartografia di google. Non sfugge un dettaglio, tutto sotto controllo, manca poco all'arrivo........OMMIODIOOO!

Sulla via di Fushimi, nella zona dei tempi buddisti a sud ovest di Kyoto, ho svelato il mistero, l'arcano. Il motivo di tanta insistenza della sera prima.

In una delle zone più sacre per il buddismo e lo scintoismo, io ho avuto il numero maggiore di visioni mariane dell'era moderna, raggiungendo il top mistico quando ha iniziato anche a nevicare.

Ecco la spiegazione del comportamento inusuale per un giapponese come Tikamono san.
Certo che metteva in dubbio la mia scelta di rinunciare alla mountain bike: porca miseria Kyoto ha più montagne di Canazei!

Altro che salite: muri! Appena lasciata la zona più centrale sono ovunque, ma indicazioni sulla mappa zero. Niente. Nothing. Nada. Niet. 何も!
Unico dettaglio mancante alla mia meravigliosa dotazione cartografico-tecnologico-ciclistica.

Dettaglio?

Avrei rinunciato volentieri all'indicazione di un dojo, di uno shrine, di una pizzeria, sushi bar o altra fantastica nota dei compagni on line, per la semplice indicazione: ALTA MONTAGNA, dotatevi di ossigeno.

Sono morto, ma almeno non mi sono perso!
Beh, più o meno, ma questa é un'altra storia.

M.(scalatore mode)

martedì 10 gennaio 2012

In volo! Come un asino




Un tempo non troppo lontano, gli asini volavano: non era affatto raro vederne, o incontrare qualcuno che avendone visti condividesse con noi questo momento.

Ancora più frequente era incontrare chi addirittura ci indicasse il punto, proprio in alto nel cielo, dove guardare.

Poi tutto questo è finito. Niente più asini con le ali.
Almeno io ho smesso di vederne, per quanto passi del tempo in un paese dove molti ancora vorrebbero farci stare con il naso all'insù, per i loro comodi.

A me però vivere con la possibilità che gli asini potessero volare piaceva. Molto.Oggi però non ci sono più storie in cui lasciarmi trascinare con la fantasia, o ancora meglio, rimanere guardare una relatà, che quella fantasia dovrebbe superare di gran lunga.

Anche se le ultime due settimane, sono state piene di 'eventi', rimango con i piedi per terra: gli asini non volano.

Non basta poter passare una serata con persone che non hai mai vista prima, ma organizzare con loro un viaggio a Panama e lo spostamento di una barca verso il Pacifico, quando ormai dalle tue parti non sei in grado di fissare una partita di briscola con i tuoi amici.

E non importa se tu su quella barca ci non salirai mai. In quel momento sei convinto di farlo. Ci credi. Anche se questo non fa volare un asino.

NON VOLANO!

Non puoi certo considerare un avvistamento, l'incontro con un vecchio compagno di scuola che non vedevi da un secolo, ma che hai trovato sul barchino di sub venuto a recuperarti su un'isola semideserta, mentre alla tua di barca stanno ancora provando a sistemare il timone - messo fuori uso da un' onda alta quanto l'ultimo piano di casa tua.
Queste non sono certo ali d'asino.

E deve essere certo un falso allarme riuscire a conoscere in dieci minuti tutti quelli che stanno al bancone del bar dove vuoi farti il giro prima della ninna. Non conta che magari sono gli stessi che due settimane fa hai 'sfanculato' al semaforo o in coda al check in: qui ti vanno a genio.GLI ASINI

NON VOLANO!

Anche se tra loro ci sono Sami e Pascal. Lei cameriera. Età indecifrabile. Non bella, ma sempre gentile con lui, non solo quella sera. Ma da quando Pascal frequenta il bar. Anni.

Solo gentile. Non c'è niente tra loro oltre questo: gentilezza. Non certo poco.

Allora Pascal quella sera regala a Sami un barca. Vecchia, d'accordo, ma comunque una barca.

Il sogno della vita di Sami si materializza: ora può veramente vivere a bordo.
Non per fare il giro del mondo, ma per continuare a fare quello che sa fare. L'unica cosa che sa fare. Servire ai tavoli, ma arrivando al bar col gommone.

Proprio come facciamo noi. Come fanno tutti quelli a cui ormai da troppi anni porta da bere.

Non una promessa fatta, così, tra i fumi dell'alcool e della gangia, ma di documento di cessione messole sotto al piattino del conto.Il conto pagato per tutti noi e il sogno della vita per Sami. Come mancia.

Anche in un posto così, però, io di asini che volano non è ho visti, nemmeno quando mi sono ritrovato (dopo non so nemmeno quanto tempo) una chitarra elettrica in mano a suonare reggae con tre fantastici tizi.

Liquid, Papagorgius and Liu, siete stati unici, ma avete fatto volare solo il mio umore. Nessun asino.

Tutte queste storie non mi fanno tornare indietro a quando potevo credere anche alle cose più strane. Un po' a tutto. Un po' troppo a tutto e a tutti.

No, neanche qui gli asini volano: ne sono convinto.
Non potrebbero farlo, nemmeno volendoci credere: troppo difficile decollare quando si é sottacqua!

M.

PS quei deficienti che hanno messo le ali all'asino del vido sarebbe da prenderli a calci in culo. non mi viene altra espressione.

venerdì 17 giugno 2011

Una cosa MICAMALE che non farò mai più

Al.......a ed Ar....o sanno andare per mare.
Lo capisci immediatamente. Appena li vedi.

Il Taxi mi ha lasciato all'ingresso della marina di Point a Pitre.

Nonostante la stanchezza, la sacca in spalla non mi ha dato problemi: la voglia di risalire in barca mi avrebbe fatto superare qualsiasi fatica, anche il fastidio che l'umidità pazzesca di quella sera mi ha dato alla cicatrice.

Con questo stato d'animo li ho incontrati.
Con questo stato d'animo sono risalito a bordo: dall'altra parte del mondo per imparare.

E qualcosa ho imparato, accidenti se ho imparato.

Una lezione su tutte: saper andar per mare non mi basta.
La barca è una sfida con la natura, con gli altri e con se stessi.
La barca sta smussando il mio caratteraccio, e quell'esperienza mi ha dato chiaramente un modello di riferimento: io non voglio essere come i miei ospiti doppia A. Mai.

Il mare deve unire. Chi cerca un qualsiasi pretesto per discutere, polemizzare, entrare in competizione, dovrebbe fare altro, oppure, quantonemo evitare di prendere persone a bordo.

Ma tant'è. E così è stato: utile a mettere la mia notoriamente scarsissima pazienza a dura, durissima prova. Fortunatamente superata.

Così alla fine, l'esperienza è stata veramente MICA MALE, ma oggi ripensandoci mi viene in mente il libro fantastico di David Foster Wallace e con serenità dico: una cosa mica male (charter) che non farò mai più!

M.


PS

un post di servizio per riprendere in mano la tastiera, la cui vera utilità è segnalare la lettura di: "Una Cosa Divertente Che Non Farò Mai Più" . Seppur da crociera, sempre di barca si parla. Geniale



Immagini dal WEB

lunedì 21 marzo 2011

Le carte ce le da la vita, ma siamo sempre noi a doverle giocare

Da che parte stai andando?

Silenzio. Come se la domanda non fosse mai stata chiesta.

Ehi, dico proprio a te: da che parte stai andando?

Lasciami stare.

Perché dovrei?

Per il tuo bene, e forse anche per il mio.

Non mi sembrano buoni motivi per non farti questa domanda: da che parte stai andando?

Accidenti che noia. Sei pedante. Sparisci per mesi, senza farti vedere o sentire e ti aspetti anche che io ti dia retta? Lasciami stare.

Voglio solo sapere da che parte tu stia andando. Non mi sembra così grave.

Ci sono cose che non sembrano affatto gravi, ma lo sono: la tua domanda è la manifestazione di un comportamento grave. Io vado dove voglio andare.

Sei certo di questo?

I segnali mi sembrano chiari. No?

M.

giovedì 7 ottobre 2010

Sono

SONO le 8.
Della mattina.

Di un giovedì strano: SONO a Milano e soprattutto SONO già in ufficio.

La giornata prende il suo passo. Spedito. Frenetico.
Una dopo l'altra le riunioni SONO finite, così come le mail lette e quelle scritte.

SONO nuovamente le 8. Della sera.
12 ore SONO passate. Via così. Andate.
Non me le ridaranno più.

SONO finalmente a casa. SONO accolto dalla lavatrice. Anzi SONO lavatrici.
Cucino: allora cena, ma anche piatti.

La valigia è in mezzo al salone. Anche la sacca.
SONO entrambe aperte. Fanno disordine.
A casa e nella vita.

Il pc è aperto con la presentazione che devo finire.
Anche il libro che voglio finire è aperto.
SONO attratto dall’uno e respinto dall’altro.

Finisco al PC, ma continua a respingermi: pur di non rimettermi al lavoro, ritrovo la forza di scrivere qualcosa.
Rileggendola sarebbe stato meglio rivedere la presentazione: a corto di idee.

SONO....anche se non sembra!

M.

venerdì 9 luglio 2010

un giorno

a volte basta un solo giorno. a fare. a capire. a decidre. uno solo giorno. anche se dopo cento o perfino mille. tutto qua.                                                                     

lunedì 24 maggio 2010

SosTATE!


sabato 22 maggio 2010

Caccia all'elefante!


Vediamo quanti ne catturo oggi!

M.

Immagina tratta dal sito della parade

sabato 8 maggio 2010

Satellite



Mi manca il fiato: non riesco a muovermi.
Cinque e trenta del mattino e sono nuovamente paralizzato sotto il mio piumone a scacchi: lo stesso sogno. Lo stesso risveglio violento.
L'interruttore è sempre li, sul comodino alla mia destra, ma oggi nulla sembra al proprio posto. La mia rabbia cresce.

Mi sento proprio un satellite: influenzato da chi non incontro.

M.

PS La musica del video è dei Random: un gruppo emergente romano.
Altre cose le trovate qui: meritano!
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