Avvertenze

Non sono alla ricerca di rendere visibile questo spazio. Non m'interessa e scrivo quindi di conseguenza.
Lo sai da subito.
Viaggio moltissimo e qui appunto, quando ho voglia, quello che mi fa riflettere e mi tiene occupato oltre al lavoro durante i tanti spostamenti: libri, musica, cibo, posti da vedere, fantasie e riflessioni in generale. Sono queste, per ora, le aree principali dei post.


giovedì 7 ottobre 2010

Sono

SONO le 8.
Della mattina.

Di un giovedì strano: SONO a Milano e soprattutto SONO già in ufficio.

La giornata prende il suo passo. Spedito. Frenetico.
Una dopo l'altra le riunioni SONO finite, così come le mail lette e quelle scritte.

SONO nuovamente le 8. Della sera.
12 ore SONO passate. Via così. Andate.
Non me le ridaranno più.

SONO finalmente a casa. SONO accolto dalla lavatrice. Anzi SONO lavatrici.
Cucino: allora cena, ma anche piatti.

La valigia è in mezzo al salone. Anche la sacca.
SONO entrambe aperte. Fanno disordine.
A casa e nella vita.

Il pc è aperto con la presentazione che devo finire.
Anche il libro che voglio finire è aperto.
SONO attratto dall’uno e respinto dall’altro.

Finisco al PC, ma continua a respingermi: pur di non rimettermi al lavoro, ritrovo la forza di scrivere qualcosa.
Rileggendola sarebbe stato meglio rivedere la presentazione: a corto di idee.

SONO....anche se non sembra!

M.

venerdì 9 luglio 2010

un giorno

a volte basta un solo giorno. a fare. a capire. a decidre. uno solo giorno. anche se dopo cento o perfino mille. tutto qua.                                                                     

lunedì 24 maggio 2010

SosTATE!


sabato 22 maggio 2010

Caccia all'elefante!


Vediamo quanti ne catturo oggi!

M.

Immagina tratta dal sito della parade

sabato 8 maggio 2010

Satellite



Mi manca il fiato: non riesco a muovermi.
Cinque e trenta del mattino e sono nuovamente paralizzato sotto il mio piumone a scacchi: lo stesso sogno. Lo stesso risveglio violento.
L'interruttore è sempre li, sul comodino alla mia destra, ma oggi nulla sembra al proprio posto. La mia rabbia cresce.

Mi sento proprio un satellite: influenzato da chi non incontro.

M.

PS La musica del video è dei Random: un gruppo emergente romano.
Altre cose le trovate qui: meritano!

domenica 18 aprile 2010

Prigioniero!

Si, sono prigioniero su un’isola a non so quanti chilometri da casa.

Tre giorni di reclusione forzata a causa del fumo in Europa: che beffa per un’estremista dell’antitabagismo.

Certo, qui tutto è molto bello, ma proprio per questo la mia libertà è maggiormente offesa: lasciare un posto incantevole è contro natura e richiede un grandissimo sforzo, possibile solamente se si è costretti oppure se si esercita, appieno, la propria libertà.

Appunto, io vorrei proprio oggi, esercitare questa libertà.
Vorrei essere libero di rientrare e tornare alla mia vita normale.

C’è un tempo per tutto: per le vacanze, per la barca e per la propria normalità.

Io ho voglia di rimettermi le scarpe, la giacca, il cappello e addirittura tornare al lavoro.

Ecco, io tutto questo non posso farlo: sono nel paradiso terrestre, ma prigioniero.
Prigioniero di un posto e di mille pensieri.

M.

Immagine dal web

venerdì 16 aprile 2010

Rain forest: molto rain!

Sono le tre del pomeriggio. Il caldo è di quelli che ti appicciano la maglietta addosso: insopportabile.

Sono stipato in un mini van.

Destinazione Trafalgar falls.

Tutti mi guardano.

Da queste parti non è normale che un bianco prenda un autobus locale, per quanto non ci sia motivo per non farlo.

Iniziamo ad arrampicarci per l'entroterra. Saliamo su strade che tagliano la foresta. Non guardo mai giù: voglio continuare a godermi lo spettacolo e l'unico modo per farlo è per me non pensare agli strapiombi che accarezziamo ad ogni curva. Maledette vertigini.

A tempo di reggea tutti i passeggeri, più o meno a turno, iniziano a farmi alcune domande.

Sono molto curiosi del perchè non abbia preso uno dei pullman turistici: sono comodi, hanno l'aria condizionata e fanno le strade più agevoli.

Non riescono a capire come proprio per questi motivi sia li con loro e non con un bel gruppo di americani appena scesi da una nave da crociera.

Sembrano delusi da questa scelta.
Per l'aria condizionata credo di essere d'accordo con loro.

M.

martedì 13 aprile 2010

Tramonto

giovedì 8 aprile 2010

C'è buio e buio.

Non si vede nulla, ma va bene così: bastano gli odori ed i suoni per capire che sono arrivato.

Tra poche ore il buio lascerà il posto all’alba e suoni che ora non riesco ad immaginare prenderanno il posto del verso degli uccelli notturni, delle rane e dell’immancabile musica reggae che, anche in mezzo alla foresta pluviale della Montagne Pelée, riesce a distinguersi in lontananza.

L’odore inebriante dei fiori, invece, non andrà via.

Ho già tolto scarpe e calzini e la tentazione di fare il primo tuffo è quasi più forte della mia paura profonda per il mare di notte. Quasi, appunto: domani mattina il bagno andrà bene lo stesso.

Per ora limitiamoci ad ascoltare la risacca mentre nutriamo le zanzare: è comunque un buon inizio di vacanza in attesa di risalire a bordo.

Chissà questa volta cosa mi regalerà il mare.

Vedremo.
M.

sabato 3 aprile 2010

Can you hear me?

Questa è la storia vera di un muto, un ex cardiopatico ed un sordo.
Proprio in quest’ordine.
Insieme a loro una trentina di persone in un luogo fatiscente: la sede della commissione provinciale per i rinnovi e i rilasci delle patenti di guida e nautiche.

C’è fervore e tensione: tutti sono li per dimostrare le proprie idoneità a portare ancora un mezzo con le ruote, nel caso dell’ex cardiopatico quella di un timone. Il muto e il sordo ce li ha voluti invece il destino. Non può essere altrimenti.

L’organizzazione prevede un sistema molto semplice, il paziente che esce annuncia il successivo. Una sorta di spazio autogestito.

Il muto finisce la sua visita, ma ovviamente non può chiamare nessuno e così i membri distratti della commissione, trascorso qualche minuto senza movimenti, iniziano a pensare che l’ex cardiopatico non si sia presentato all’ora indicata.

Passa ancora qualche istante e poi finalmente viene fatto chiamare, questa volta da un commesso, un ulteriore paziente, che essendo sordo, altrettanto ovviamente, non sente nulla.

A questo punto il commesso evidentemente infastidito esclama: “è mai possibile che non si debbano mai rispettare gli orari?”

L’ex cardiopatico, visto l’orario, intuisce che qualcosa non sta funzionando e, avvicinandosi, chiede: “avete chiamato per caso MB?” .

“Certo, due turni fa, dove era finito?”, risponde il commesso, che aggiunge:
“Si sbrighi ed entri immediatamente”.

L’ex cardiopatico viene preso dall’agitazione e sente il suo cuore tornare a battere come nei tempi sbagliati, ma alla fine, mettendo in ordine le idee e prendendo tutte le sue carte, si calma ed entra.

Sala enorme, al centro una sedia rossa.

Un medico gli indica a gesti di accomodarsi proprio lì, in mezzo alla sala, e poi, chinandosi di fronte a lui con entrambe le mani sui braccioli, gli urla scandendo molto lentamente tutte le parole:

“B U O N G I O R N O – O R A – L E - F A R E M O – Q U A L C H E – D O M A N D A – P E R – V E R I F I C A R E – I L – S U O – S T A T O – D I – S A L U T E”.

L’ex cardiopatico indietreggia istintivamente sulla sedia e, con fare titubante, risponde: "perfetto”.
Il medico si allontana arrivando in fondo alla stanza e con una mano davanti alla bocca urla:
“V E N T I T R E”, poi correndo si riavvicina all’ex cardiopatico e gli urla:
“C H E – C O S A – H O – D E T T O?”.

L’ex cardiopatico, ormai terrorizzato, risponde tempestivamente: “ventitre”.

“M O L T O – B E N E”, commenta il medico che immediatamente dopo si posiziona all’angolo opposto della stanza e ripete l’operazione, urlando questa volta il numero S E T T E. Così per oltre dieci minuti. Fin quando da dietro un armadietto si sente l’ultimo urlo:
“I D O N E O!”.

Ora mi chiedo: secondo voi, al sordo entrato dopo, come avranno fatto a fargli capire di togliersi la camicia per farsi applicare gli elettrodi dell’elettrocardiogramma?

M.
Immagine dal WEB

domenica 28 febbraio 2010

In viaggio con le tessere

Martedì 23 Febbraio, 4.45.

Quando suona la sveglia, queste sono le cifre scolpite in rosso dal proiettore dell'Oregon Scientific sul soffitto della mia stanza.

Sono sveglio ma confuso: è molto presto e non ci sono infermieri intorno a me.
Già: è così maledettamente presto solo perché ho ricominciato la vita “normale”.
Non ho prelievi in programma. Devo solo alzarmi.

Ginnastica, doccia, barba, vestito, colazione e documenti: si riparte. Tre mesi esatti oggi.

Tre mesi senza aerei, treni e taxi; eppure sono certo di aver viaggiato tanto. Forse come non mai.

Dei libri mi piace questo. Il gusto di realtà che mi lasciano. Un po' come dopo un bel sogno.

Mi piace la loro forza di tenermi in movimento: ogni volta un legame a qualcosa d'altro.

Una scoperta continua. Un posto da visitare. Un altro libro da leggere. Una canzone da ascoltare. Un vino da assaggiare. Una ricetta da dover provare e più semplicemente un ricordo che riaffiora.

A chi mi ha chiesto che fine avessi fatto in questi ultimi tre mesi, ho risposto: ho viaggiato molto e giocato a domino.

M.


Immagine dal web

martedì 2 febbraio 2010

Le pagine mancanti

“Non mi piace affatto, ma oggi sicuramente farò ciò che si aspettano da me: meritano un riconoscimento per come mi hanno accolto”.

Marina stava pensando a questo mentre l’auto proseguiva spedita verso il parcheggio dei TIR. Lei continuava a fissare Olli e sua madre Emilia attraverso lo specchietto retrovisore, ma i due sembravano troppo assorti anche per la minima interazione.
Così rimase ferma, immobile, ma ormai aveva deciso.
Neanche il caldo torrido la intimoriva più.

Appena fermati, Marina non attese le solite preghiere: uscì con l’agilità che i suoi due accompagnatori non pensavo più lei potesse avere.

Toccato l’asfalto Marina capì, chiaramente, di essere contenta come non lo era mai stata: non sarebbe rimastata più sola. Almeno così credeva dal giorno in cui fu raccolta proprio in quel parcheggio e continuò a crederlo anche dopo che la macchina andò via sgommando senza di lei. Continuò ostinatamente a credelro fino a quando i suoi zoccoli affondarono completamente nell'asfalto bollente di una calda giornata d'agosto in Sardegna.

In quell'istante Marina smise di essere una capra contenta e.........

Ho immaginato così, a modo mio, un passaggio di Palline di pane di Paola Mastrocola.

Mi capita spesso di chiedermi cosa possano effettivamente pensare i personaggi di un romanzo, mentre la narrazione li sfiora solamente, privandoci così delle loro riflessioni, escludendoli dal finale e lasciandoci nel dubbio sui loro destini.

Si, me ne rendo conto, non ha molto senso: più importante in questo caso mettere in luce i luoghi comuni, i pregiudizi e dare compimento alla storia, però l'unica cosa che mi sia veramente rimasta di Palline di Pane è proprio capire dove sia finita la capra Marina.


....delusa dalla vita, Marina ora vive su un albero. Ne ho le prove!

M.

immagine dal web

sabato 16 gennaio 2010

Le rose nei libri



Non è una novità: nei libri ci si possono trovare le rose. Con i petali secchi e schiacciati. A volte anche con tutto lo stelo.

A me però non è mai piaciuto girare pagina e ritrovarmi esemplari imbalsamati di flora: mi fanno impressione. Non mi piacciono.

Ho scoperto che però non tutte le rose mi fanno lo stesso effetto. Le due trovate in venuto al mondo della Mazzantini mi hanno invece emozionato.
Come tutto il romanzo d’altronde: bello da far male. Come una rosa.
M.








PS
Durante i tre anni d’assedio di Sarajevo, le montagne circostanti la città erano infestate dagli orsi, così venivano chiamati i cecchini.
Oltre a sparare con i loro fucili di precisione, gli orsi hanno lanciato moltissime granate sui civili: hanno ucciso migliaia di persone e flagellato interi quartieri.
Finito l'assedio, i cittadini di Sarajevo hanno deciso di riempire le buche con della resina rossa. Questo è uno dei tanti modi con cui Sarajevo ricorda chi rimase ucciso da quelle granate.
Le rose di Sarajevo sono nate così, più i petali, più i caduti.
Io le ho scoperte tra le pagine di Venuto al mondo.
Trovo questo drammaticamente molto bello.
www.sarajevoroses.com
http://www.flickr.com/search/?q=sarajevo+rose

sabato 9 gennaio 2010

Sono in pericolo di vita!

Sera tardi. Rosanne ha irresistibilmente voglia di una birra, ma in casa non ce ne è traccia e fuori piove.
Piove incredibilmente tanto.

Le strade sono ormai torrenti in piena e le autorità della North Carolaina hanno già chiuso molte strade, ma Rosanne ha voglia, tanta voglia di una birra.

Fuori continua a piovere. Ci vorrebbe un gommone, ma Rosanne ha solo un motorino. Di quelli piccoli. Il motorino è piccolo, ma la sete è grande.

Rosanne vuole una birra, fuori piove e lei non ha un'arca.
Non è Noe, ma ha appena cambiato le ruote al suo "moped": le ruote hanno il battistrada nuovo. Accidenti a non averlo ricordato prima.
Rosanne è finalmente rincuorata.
Si parte, destinazione supermercato.

La traversata del quartiere è meno facile del previsto, ma le nuove ruote la portano finalmente alla sua birra. Tanto vale prendere una cassetta, e nonostante tutti, veramente tutti, suggeriscano a Rosanne di fermarsi nel market ed aspettare che la situazione torni meno spaventosa, per lei non c'è motivo per non ridirigersi verso il suo salotto e finalmente gustare la sua agoniata birra.

La polizia ora ha anche chiuso la sua strada di casa. Ma lei ha le ruote gommate. Ed allora via. Fissate le birre sul portapacchi, Rosanne, in sella al suo cinquantino, sfida la corrente e forza le transenne poste dalla polizia.

L'acqua è sopra le sue ginocchia. Ora nemmeno le ruote gommate la tengono in piedi: la corrente ha la meglio, in un attimo è travolta.

Ma oggi è un giorno fortunato per Rosanne: un poliziotto vede la scena, e nonostante la rabbia per essere stato quasi travolto dal suo mezzo anfibio, trova la forza per contrastare la furia della natura e lanciando una corda porta Rosanne in salvo.

Rosanne è sconvolta. Cerca di dire qualcosa, ma non si capisce nulla di quello che esce dalla sua bocca.

Il poliziotto ha bisogno di aiuti.
Rosanne è in evidente stato di shock.
Tutte le strade ormai sono come gli Everglades.

Adagiata Rosanne sul sedile della sua auto di servizio, il poliziotto cerca di chiamare rinforzi via radio.
Cosa giusta da fare quando si è appena salvato qualcuno, ma non quando quel qualcuno ha una gran voglia di arrivare a casa propria per bersi la sua meritatissima birra: l'occasione è troppo ghiotta per non scappare.

Da provetta nuotatrice, almeno così appare, Rosanne si tuffa nel viale di casa, sparendo nella corrente.

Rosanne è morta così il 3 giungo del 2009.

La madre, intervistata sul folle gesto di sua figlia, ha commentato: le ruote erano nuove, è stato un peccato perdere il motorino. Rosanne ci teneva così tanto!

Ringrazio Rosanne per aver in questo modo migliorato la specie umana. Non a caso si è aggiudicata, come prima donna, il premio Darwin edizione 2009. http://www.darwinawards.com/darwin/darwin2009-04.html

Guardando in che direzione sta andando l'evoluzione in Italia, mi sento però in serio pericolo di vita.

Aiuto!

M.

PS il premio Darwin viene assegnato tutti gli anni a chi è morto da fesso. Con un'idiota in meno, la specie ne risulta migliorata.

mercoledì 6 gennaio 2010

Un po' come a Stoccolma

Finalmente sono a casa. Sensazione strana: malinconia ed entusiasmo.
Entusiasmo per essere tornato. Tutto qui.

Ma la malinconia? Perché? Non me l'aspettavo affatto.
Non pensavo mi sarebbe dispiaciuto tornare a casa, che avrei sentito la mancanza dei luoghi che mi hanno ospitato per quasi un mese e che mi sarebbero mancati così evidentemente i miei compagni di avventura: é proprio vero, la bellezza di molti luoghi è negli occhi di chi li guarda.

Quest’ultimo viaggio mi ha dato incredibilmente molto, ma temo che troverò difficoltà a convincere chiunque a ripercorrerlo.

M.

sabato 2 gennaio 2010

Battiti

Mattina presto. Equipe medica al gran completo. Stanza 314.
Paziente ancora affidato a morfeo.

Medico, alzando le tapparelle: buongiorno!
Paziente, socchiudendo gi occhi: mmmmm, buongiorno a voi!

Medico: oggi abbiamo il controllo, è una bella giornata, ed il suo tracciato è stato regolare tutta la notte. Come si sente?
Paziente: abbastanza bene. Qualche dolore sparso intorno alla ferita, ma bene.

Medico: le presento il professore xxxxx, il responsabile del reparto.
Paziente: professore xxxxx buongiorno e grazie di tutto.
Luminare: ma si figuri, è nostro dovere ed è poi un piacere vederla ogni giorno meglio. Facciamo un controllo. Si scopra il torace.

L'atmosfera diventa molto austera ed il professore appoggia il suo freddissimo stetoscopio sul torace del paziente.

Luminare: mmmmm

Il paziente, guarda interdetto, ma in gran silenzio. Forse rimasto senza fiato per il gelo dello strumento medicale.

Luminare, chiedendo all’equipe: che battito aveva ieri sera?
Medico: 85
Luminare: e la pressione?
Medico: 120/75

Luminare: c'è una eco
Medico: come?
Luminare: si, c'è una eco. Quasi un controtempo. Francamente non mi è mai successa una cosa del genere. Non capisco.
Medico: facendosi avanti anche con il suo freddissimo braccio flessibile: posso?
Luminare: prego
Medico: è vero, c’è un contro ritmo

Paziente, sempre più interdetto ed infreddolito: cosa significa?

Infermiere: che è il caso che tu spenga, oppure abbassi la musica del tuo lettore MP3, mentre ti visitano, o quantomeno che tu ti tolga le cuffiette da sotto la schiena.

M.
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